Solo auto elettriche dal 2035: in Italia ci vogliono politiche per la riconversione

Il nostro paese è fermo per infrastrutture, produzione di batterie e regole
Alessandro Nodari
Alessandro Nodari
Solo auto elettriche dal 2035: in Italia ci vogliono politiche per la riconversione

Dal 2035 in Europa si potranno vendere solo auto elettriche. Un cambiamento epocale, che però è soggetto ad una trasformazione ancora più profonda sia da parte dei produttori che da parte della nostra società, con investimenti miliardari per la produzione di batterie, organizzare una rete di colonnine di ricarica, aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili e riuscire a reintegrare i posti di lavoro che si perderanno con l'addio dei motori a combustione (circa 70.000).

I numeri non sono molto incoraggianti. Per il 2030, Volkswagen prevede che solo la metà delle sue vendite saranno auto elettriche, Toyota ancora meno, con il 30%, mentre molto meglio Renault con il 90% e Stellantis con il 70% (in Europa, mentre solo il 40% negli Stati Uniti).

Il nodo della rete energetica

Nel nostro Paese circolano attualmente 236.000 auto elettriche, numeri bassi, ma destinati a crescere fino a 6 milioni entro il 2030 e a 19 milioni entro il 2050. Riuscirà la nostra rete elettrica a fornire questa energia? Le stime sembrano ottimistiche.

Per il 2030 questo nuovo fabbisogno di energia avrà un'incidenza del 3% sul totale dei consumi di energia del Paese, numero che salirà al 4,9% nel 2050. La questione sarà prima di tutto garantire la disponibilità di energia, e far sì che questa provenga da fonti rinnovabili. Oggi il nostro mix energetico è composto da rinnovabili al 38%, uno dei migliori d'Europa, ma entro il 2030 bisogna  arrivare al 72%, quindi c'è molto lavoro da fare.

Come detto, garantire la disponibilità dell'energia è uno dei punti chiave. Chi non ricorda d'estate quando salta la corrente di interi quartieri per l'accensione contemporanea di condizionatori e altri elettrodomestici? 6 milioni di auto elettriche in carica assorbono 22 gigawatt, quasi la metà dei picchi giornalieri di circa 55 gigawatt, quindi bisogna trovare il modo di stoccare l'energia per averla disponibile quando serve.

Le batterie: siamo troppo dipendenti dall'Asia

Le batterie sono fondamentali per le auto elettriche, contribuiscono al suo prezzo per un buon 40%, ma anche per lo stoccaggio dell'energia per la rete elettrica.

Oggi il 70% delle batterie sono prodotte in Asia e il nuovo mercato delle batterie nell'Unione Europea è valutato in 250 miliardi di euro l'anno dal 2025 in poi. Le maggiori case automobilistiche si stanno attrezzando per produrle, con la Germania che ha avviato progetti per 411 GWh di capacità produttiva installata. E in Italia? Al momento solo Seri Industrial ha avviato un progetto da 8 GWh, ma non si tratta di batterie per le auto, bensì per lo stoccaggio di energia domestico, industriale e per il trasporto pubblico. Stellantis prevede di arrivare a 260 GWh l'anno attraverso la realizzazione di 5 gigafactory in Nord America ed Europa, a Termoli nel nostro paese.

La rete di ricarica

Altro punto fondamentale è la rete di ricarica. Entro il 2030 il nostro paese deve passare da poche decine di migliaia di colonnine a 3 milioni di punti privati e circa 100 mila pubblici.

I problemi da affrontare sono moltepici: prima di tutto, bisogna garantire la rete di ricarica autostradale (al momento nessun concessionario ha partecipato alle gare di appalto per le colonnine).

Poi è necessario istituire una mappa nazionale dei punti di ricarica pubblici, necessaria per pianificare le nuove colonnine legate ai bandi del Pnrr (dovrebbe arrivare un decreto entro metà marzo). Infine il nodo dei regolamenti, bisogna snellire la burocrazia sia per le installazioni di colonnine che per la interoperabilità tra operatori.

Da qui l'appello degli industriali al governo per mettere in campo politiche industriali in modo da favorire la riconversione. Per ora il governo ha solo annunciato un miliardo di euro per la rottamazione delle vecchie auto, ma senza proporre un programma dettagliato, o quantomeno una visione sul futuro di questo inesorabile processo.

Fonte: Corriere