L’avanzata delle replicanti. Dietro la Volkswagen “up!” è pronta una famiglia di modelli.
La prima ad arrivare (nei giorni scorsi in Spagna, a maggio in Italia) è la Seat Mii. Un nome senza un significato vero e proprio, se non le intenzioni di identificare qualcosa di personale con la seconda “i” a dare un tocco moderno (il riferimento alla wii, console di videogiochi, non sembra proprio casuale).
Nonostante la parentela stretta con la “up!”, le due auto sono diverse: calandra, taglio del finestrino posteriore, portellone, disegno dei paraurti e dei fari… Dettagli in grado di dare un dna caratteristico per ognuna delle auto.
All’interno le affinità sono maggiori e la differenza la fa, come per la “up!”, l’allestimento: razionale ed essenziale quella del nostro test (versione Reference), ricercato e trendy la più accessoriata Style.
Il bagagliaio ha la stessa capacità della piccola tedesca: 251 litri con altezza del piano di carico variabile.
Per chi siede dietro, c’è spazio in abbondanza in altezza e anche le gambe, per viaggi brevi, non sono troppo penalizzate.
La qualità dei materiali e dell’assemblaggio è identica: entrambe escono dallo stesso stabilimento di Bratislava.
La scelta del nostro test è caduta sulla versione da 60 cavalli visto che avevamo già provato il tre cilindri da 75 cavalli con la “up!”. Il piccolo motore benzina fa il suo dovere, la rumorosità è sempre limitata. Quando si spinge però a fondo sull’acceleratore per dare brio alle prestazioni, i decibel entrano in maniera decisa nell’abitacolo.
Il motore è sufficientemente elastico, anche se sotto i 1.800 – 1.900 giri, fatica un poco a salire e per riprese rapide si è costretti a “lavorare” con il cambio (preciso negli innesti e con una leva dalle corrette dimensioni).
D’altronde la Mii è pur sempre un’utilitaria, difficile chiedere di più.
Quarta e quinta marcia sono lunghe per cercare di ridurre consumi ed emissioni. La differenza in termini di prestazioni e dinamica di guida con la versione da 75 CV è minima: per un uso cittadino conviene puntare sulla 60 cavalli, risparmiando qualcosa nel prezzo di listino.
Lo sterzo è preciso e non troppo diretto: la risposta è comunque corretta e adatta ad un pubblico familiare.
Così come l’assetto: i tecnici hanno fatto un buon lavoro, l’auto anche nelle curve più veloci, rimane con facilità in traiettoria, l’ESP interviene senza esagerare e chi è alla guida non è mai in difficoltà. Semmai la Mii è un po’ troppo rigida sul posteriore.
Durante il test, con un percorso misto, città più tratti in extraurbano, abbiamo viaggiato ad una media di 18,8 km con un litro, poco superiore rispetto a quanto dichiarato da Seat (22,2 km/litro).
Ricco il contenuto di tecnologia a bordo (alcune però sono optional), nel quale spicca il city safety assist che consente alla Mii di frenare da sola: un sensore laser nascosto nella base dello specchietto retrovisore funziona da terzo occhio e in caso di ostacolo, ad una velocità compresa tra 5 e 30 km/h, se il guidatore non reagisce, il sistema frena automaticamente la Mii, evitando l’impatto o riducendone le conseguenze.
In caso di frenata repentina i veicoli che seguono sono avvertiti dall’attivazione delle luci di emergenza.
Provato contro una Mii gonfiabile per evitare qualsiasi problema, il sistema funziona correttamente, anche se basta essere poco più veloci di 30 km/h per vanificare la sua azione.